Giuseppe Pella
L'On. Giuseppe Pella (a destra) con il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi
In occasione dell'uscita dell'opera riassuntiva delle celebrazioni per il primo centenario dell'Unità d'Italia, il Presidente del Comitato Italia 61, On. Giuseppe Pella (1902/1981), scrisse questa bella prefazione che riportiamo interamente. Il messaggio che con quelle parole volle inviare era soprattutto rivolto a noi, alle nuove generazioni successive al 1961.
Prefazione al volume "Italia 61" dell'On. Giuseppe Pella
Per "Italia 61", lontana ormai la fase dei propositi e dei programmi, trascorsa quella delle opere, è giunto il tempo di concludere. L'ultima nostra parola e' detta da questo volume.
Parli ormai il ricordo delle molte manifestazioni, ispirate -senza retorica- all'esaltazione degli artefici del grande evento unitario, alla rievocazione delle tappe gloriose che all'evento condussero con sacrifici che la Storia ha registrato. Parli soprattutto al cuore delle nuove generazioni che ancora e sempre possono credere alla loro Patria italiana.
Noi abbiamo assolto al nostro dovere come meglio sapevamo, in obbedienza alla legge istitutiva: null'altro. Ma chi ha avuto l'onore di presiedere il Comitato non può non provare un attimo di commozione nel congedare il volume che ne tramanderà il ricordo.
Con le tre Mostre, con le innumerevoli altre manifestazioni, si è saputo dir tutto? O si poteva dire di più? Si è interpretato ed attuato nel modo migliore la legge che ci ha concesso questo difficile e affascinante compito?
Mai come in questo momento accade di provare quel che deve aver sentito in se stesso il poeta caro alla generazione dei nostri padri quando ebbe a dire che il canto migliore era sempre quello che non aveva scritto.
Tuttavia il Comitato, la Giunta, la Segreteria Generale, hanno la serena consapevolezza di essere andati al limite estremo delle possibilità. Degli uomini politici e dei soldati, degli eroi e dei martiri del Risorgimento, si sono messi in evidenza con trepidazione i pensieri e le imprese; e nello stesso tempo si è cercato di ricordare agli italiani che lo spirito unitario che fece grandi i loro avi sconfina ormai in un più vasto orizzonte europeo. Perciò si sono riunite tutte le nazioni in uno stesso, grandioso edificio, giustamente chiamato Palazzo del Lavoro per il desiderio di esprimere, già col nome, un presagio di pacifico avvenire.
Poi, quasi a dimostrare che all'Europa di domani le singole nazioni daranno un apporto schietto e genuino solo in quanto sapranno conservare le loro tradizioni, si e' aggiunta alle altre due la Mostra delle Regioni, ove l'unità nella varietà si esprimeva in forma suggestiva; e, a una a una, le rappresentanze delle regioni italiane sono venute a Torino quasi in pellegrinaggio, ad esaltare e celebrare l'unità d'Italia proprio mentre esse stesse documentavano, di volta in volta, l'infinita varietà della terra, del clima, dei prodotti, dei dialetti, dei costumi, costituendo un meraviglioso e poetico esempio per le nazioni del mondo che, raccolte nel Palazzo del Lavoro, battevano insieme alle porte dell'avvenire.
Al messaggio di "Italia 61" centinaia di collaboratori hanno portato, ognuno per la sua parte, un contributo, se non di poesia, certamente di fede. Desidero ringraziarli nel modo più vivo e caloroso. Tutti insieme - ritorna l'interrogativo di dianzi, perché alla fin fine una prefazione è un esame di coscienza - abbiamo saputo esprimere tutto? Potevamo far meglio?
Se penso di affidare non una sintetica raccolta alla tipografia, ma il nostro ideale messaggio alle giovani generazioni che ci crescono intorno, mi conforta e rassicura la certezza che "il canto migliore" - quello che Carducci non sapeva scrivere, e noi meno di lui - essi lo comporranno con le opere.
A loro dedichiamo, modesto abbozzo di una grande opera, i nostri risultati.
Torino, 10 dicembre 1961
Giuseppe Pella